Negli Stati Uniti le società che forniscono acqua potabile attraverso l’acquedotto hanno l’obbligo di mettere a disposizione dei cittadini un report annuale sulla qualità dell’acqua. Ad imporlo è l’EPA (Agenzia per la protezione dell’ambiente) e il rapporto annuale obbligatorio è chiamato Water Consumer Confidenze Report (CCR). Nel suddetto documento è specificato il luogo da cui l’acqua viene prelevata (fiumi, laghi, pozzi), dove è localizzata la sorgente e quali contaminanti sono stati scoperti al suo interno (indicando relativamente al contaminante il massimo livello consentito, il livello rilevato, la fonte probabile e le ipotetiche violazioni).

Attraverso questi report gli americani hanno la possibilità di ottenere dati importanti sulla qualità dell’acqua potabile locale e, se gli acquedotti forniscono acqua a più di 100.000 persone, il rapporto deve essere consultabile anche su Internet. Anche le piccole società fornitrici sono incoraggiate a pubblicare online i propri report, affinché tutti i cittadini possano visualizzarli dal sito web dell’EPA.

Come funziona, invece, in Italia?

Qualità dell’acqua in Italia

Partiamo da un dato di fatto: rispetto agli Stati Uniti, l’Italia è un paese mediamente più inquinato per quanto concerne le acque dolci sotterranee e superficiali. Accedere a informazioni chiare e trasparenti sulla qualità dell’acqua potabile non è semplice così come avviene in USA.

Stando al D.Lgs 31/2001, l’acqua destinata al consumo umano (cioè per uso potabile o per preparare cibi e bevande) deve rispettare 64 parametri chimici, fisici, microbiologici e radiologici. Chi ha il compito di verificare la qualità dell’acqua potabile? Così come spiegato in questo articolo, il controllo dell’acqua potabile spetta agli acquedotti e alle ASL: l’ente pubblico, cioè l’ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) per conto delle ASL, effettua controlli periodici, mentre i controlli interni sono eseguiti dai gestori dei vari acquedotti.

Chi comunica i dati delle analisi dell’acqua

I gestori degli acquedotti si occupano del monitoraggio dell’acqua prelevata e immessa in rete, accertando che possegga i requisiti minimi previsti dalla legge. I prelievi vengono solitamente compiuti nei punti più significativi del sistema idrico, e le analisi condotte sono di due tipi:

  1. analisi di routine, per determinare qualità e quantità dei principali costituenti
  2. analisi di verifica, per controllare in maniera approfondita se vi siano possibili contaminanti biologici o chimici.

I dati sulle analisi periodiche di routine vengono comunicati ai cittadini dalla maggior parte delle società idriche. Come? O rendendoli fruibili online sul proprio sito web o inserendoli in una comunicazione scritta allegata alla bolletta. Per quanto questa possa rappresentare una buona notizia, al momento sembra essere l’unica, e questa non è certamente una nota positiva: se negli Stati Uniti la diffusione dei dati segue uno standard ben preciso e obbligatorio per legge, in Italia non è così. Per rendersene conto basta semplicemente navigare sui siti delle varie società idriche.

Sui vari report che i fornitori di acqua potabile mettono a disposizione dei cittadini sono riportati parametri comuni a tutti, ma alcuni contengono informazioni anche sui parametri chimici aggiuntivi. In certi rapporti sono indicati solo i valori medi dei parametri misurati, in altri soltanto i valori massimi e minimi, in altri ancora sono visibili solamente le soglie massime. Insomma, in Italia ogni prospetto sulla qualità dell’acqua fornisce dati diversi perché non esiste una normativa rigorosa sulla comunicazione pubblica dei dati: ciascuna società idrica sceglie cosa comunicare, rendendo quindi impossibile un confronto effettivo tra le varie acque potabili.